Continua a cambiare forme il mercato della comunicazione in Italia: editoria sempre più in crisi, mentre decolla la tv liquida, secondo l’ultimo rapporto dell’Agcom.

L’Italia sta entrando nell’era della comunicazione 2.0: è questa una delle possibili chiavi di lettura dell’ultimo rapporto dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, presentato nei giorni passati in Parlamento dal presidente dell’istituzione, Angelo Marcello Cardani. I dati che saltano immediatamente agli occhi sono due, molto contrastanti tra loro, che evidenziano appunto quali sono le nuove tendenze in atto nel nostro Paese.

Crolla l’editoria. Da un lato c’è infatti il crollo (inesorabile?) dell’editoria nazionale, che ha perso ulteriormente strada anche nel corso dell’anno preso in esame dallo studio Agcom: in particolare, “il valore economico del settore dell’editoria quotidiana e periodica registra una ulteriore flessione”, arrivando a 3,6 miliardi di ricavi complessivi, ossia meno 5,2 punti percentuali rispetto all’anno passato, mentre è ancora più impietoso il confronto con gli anni precedenti, al punto che “il settore nell’ultimo decennio ha perso all’incirca metà del suo peso economico“.

Boom per la televisione liquida. Di tutt’altro segno i numeri che riguardano la cosiddetta “televisione liquida“, quella cioè veicolata dalle tecnologie più innovative, che nel corso del 2017 ha ottenuto la definitiva consacrazione, portando “circa 3 milioni di cittadini a guardare abitualmente la tv in streaming”. Eppure, queste modalità rappresentano una voce per così dire secondaria del panorama degli investimenti italiani nel settore comunicazione, perché la maggior parte delle risorse si concentra nel segmento televisivo tradizionale.

Il mercato della pubblicità. Nello specifico, l’Agcom stima che nel 2017 la quota di ricavi del settore comunicazioni si sia attesta a 54,2 miliardi, in crescita dell’1,2 per cento sull’anno precedente, con una predominanza a dir poco assoluta del settore televisivo e, ancor più in particolare, di tre colossi come Rai, Mediaset e Fox-Sky, che da soli detengono il 90 per cento delle risorse. Simile anche il trend della raccolta pubblicitaria, che mette a segno incrementi grazie principalmente all’online, che cresce ancora a due cifre, mentre invece altri mezzi tradizionali registrano un andamento negativo.

Tra i concessionari aumenta il digitale. Il segmento digitale Come sottolineato dall’Agcom, la crescente rilevanza di Internet è testimoniata dal fatto che tra i principali operatori del Sistema Integrato delle Comunicazioni ci siano tre brand provenienti direttamente dal segmento digitale, ovvero Google, Facebook e Italiaonline; quest’ultima, in particolare, si distingue come la più importante concessionaria del Paese, forte di campagne che coinvolgono anche pubblicità Sky e altri media e che, dunque, non sono concentrate solta3nto sul digitale e sul virtuale.

Lo scenario descritto dall’Agcom. In termini assoluti, i ricavi della pubblicità online in Italia hanno conosciuto un aumento superiore al 46 per cento, che ha portato il relativo segmento a superare, alla fine dello scorso anno, la quota del 4 per cento delle risorse complessive movimentate nel nostro Paese. Investimenti “erosi” in qualche modo all’editoria, che ha visto ridursi gli introiti complessivi nell’ordine del 32 per cento ed è il settore che risente maggiormente della contrazione dei ricavi, ulteriore segnale di come negli ultimi cinque anni si siano verificati in Italia mutamenti strutturali nel valore assoluto e nel peso dei mercati che compongono l’ecosistema delle comunicazioni.

Previous

Pneumatici, come acquistarli online risparmiando

Next

Esame di stato da architetto 2018: tutto ciò che occorre al superamento

Check Also