Cos’è l’OPEC

La sigla OPEC significa Organization of the Petroleum Exporting Countries, che si traduce Organizzazione dei Paesi Esportatori di Petrolio. Si tratta di un’associazione di dodici paesi mondiali che si sono riuniti per accordarsi sul mercato petrolifero: tale associazione consente ai paesi membri di formare un cartello economico.

In economia si parla di cartello quando più individui o più società si accordano per decidere i prezzi, la distribuzione, la vendita ed altri parametri riguardanti un bene in particolare, al fine di monopolizzare un settore di mercato. Tale pratica esclude di fatto qualsiasi concorrenza, la quale non può vendere con differenti parametri rispetto a quelli prestabiliti in questi accordi.

Il cartello, infatti, è una pratica vietata e consiste in moltissimi casi in un vero e proprio reato, in quanto è l’opposto del libero mercato.
L’OPEC è l’unica organizzazione mondiale legalmente riconosciuta, e questo lascia aperto un lungo dibattito senza dubbio di notevole interesse.

paesi opec
I 12 paesi aderenti all’OPEC

I paesi che attualmente fanno parte dell’OPEC sono:

  • Algeria;
  • Ecuador;
  • Angola;
  • Venezuela;
  • Emirati Arabi Uniti;
  • Arabia Saudita;
  • Libia;
  • Kuwait;
  • Iraq;
  • Iran;
  • Nigeria;
  • Qatar.

L’ Indonesia, che fondò l’organizzazione, ha abbandonato il gruppo in quanto non più in grado di soddisfarne i requisiti, così come il Gabon, entrato qualche anno dopo.
La sede dell’OPEC è a Vienna.

Paesi petroliferi non appartenenti all’OPEC

Nonostante il cartello messo in atto dall’OPEC, altri paesi mondiali lavorano in autonomia. Essi sono:

  • paesi del nord America; Stati Uniti, Canada e Messico;
  • paesi del Medio Oriente; Bahrein e Oman;
  • paesi asiatici; Cina, Russia e Kazakistan;
  • Norvegia.

Effettivamente desta curiosità constatare l’esistenza di ben 12 paesi ricchi di petrolio che formano un’associazione così potente, e nello stesso tempo riconoscere che altri gruppi ed altri paesi lavorano contro un cartello di tanta importanza.

Ci sono senza ombra di dubbio i presupposti per una guerra, ma anche in questo caso si va incontro a qualche sorpresa; il primo Dicembre 2016 è una data storica, in quanto l’OPEC ha firmato un accordo con la Russia, mediante il quale quest’ultima si attiene temporaneamente alle regole mediorientali per contrastare la produzione americana, che ha fatto crollare il prezzo del greggio. Tutto questo due anni dopo che l’OPEC ha rinunciato di fatto alla politica dei prezzi controllati.

Insomma, una vera giungla di difficile comprensione per i non addetti ai lavori, che evidenzia tutto quello che comporta il mercato del petrolio, fatto di accordi legali al limite della legalità stessa: sembrerebbe proprio che il petrolio contribuisca a scrivere le leggi, più che ad esserne soggetto.

La nascita dell’OPEC

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L’OPEC è l’Organizzazione dei Paesi Esportatori di Petrolio

L’OPEC è nata per contrastare la politica adottata dai paesi nord americani, i quali a loro volta esercitavano un predominio assoluto nel mercato del petrolio: in pratica, è stato costituito un cartello economico al fine di contrastare un precedente cartello.

Il 30 Aprile 1959, il presidente degli Stati Uniti Eisenhower, istituì il MOIQP (Mandatory Oil Import Quota Program), al fine di ridurre le importazioni e consentire agli Stati Uniti una maggiore indipendenza, grazie anche ad un’importante collaborazione con il Canada.

Fu il Venezuela il paese pioniere dell’OPEC, interessato a controvertire questa delicata situazione che escludeva il paese dal mercato del greggio.
In un incontro ufficiale avvenuto in Iraq nel 1960 fra Venezuela e paesi Mediorientali, nasce l’OPEC, con la chiara intenzione di opporsi all’egemonia della politica statunitense.

Le ultimissime sull’OPEC

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la sede dell’OPEC è a Vienna

Una notizia del 28 Marzo 2018 divulga che l’OPEC stia lavorando con la Russia per un importante accordo decennale o ventennale, utile per uniformare prezzo e condizioni di vendita del greggio.

La Russia ha oramai fondamentale importanza nel mercato petrolifero, ed è grazie ad essa che l’OPEC è ora diventata OPEC PLUS: l’associazione composta da ben 24 membri (i membri aggiunti sono comunque da ritenersi extra-OPEC), definisce le regole al fine di evitare che l’America faccia il mercato senza alcuna concorrenza.

L’attuale tendenza è effettuare importanti tagli alla produzione, con il fine di poter risollevare i prezzi e riequilibrare il prezzo del petrolio, che era sceso ai minimi storici. Senza questa importante strategia, gli Stati Uniti potrebbero costringere l’OPEC ad un improvviso scioglimento, considerato che alcuni paesi come la Nigeria e la Libia, ma anche il Venezuela, sono oramai decisamente in difficoltà a sostenere i requisiti di produzione richiesti per rimanere con l’associazione.

I petrodollari

Il termine contraddistingue la situazione di crisi del petrolio dei primi anni ’70, quando l’OPEC riuscì ad aumentare il prezzo del petrolio di ben 4 volte per contrastare gli Stati Uniti nel mondo.

Il petrolio, così come l’oro, ha un valore più alto di qualsiasi valuta, ed è chiaro che i paesi che ne sono ricchi hanno del vero e proprio potere nei confronti dell’economia mondiale.

Il problema degli Stati Uniti era quello di aver compreso il reale rischio di essere a loro volta tagliati fuori dal mercato dai paesi dell’OPEC, proprio per insufficiente produzione ad un prezzo veramente basso. A tal proposito era necessaria una strategia economica, che venne presto ideata e messa in atto dal presidente Nixon e da Henry Kissinger, allora Segretario di Stato.

La strategia fu vincente, e consentì agli Stati Uniti di imporre il petrodollaro come valuta di scambio per la vendita del greggio, in modo da rinforzare la valuta americana e mantenere il paese dentro i meccanismi economici mondiali. Tale strategia è da sintetizzarsi in un accordo che gli Stati Uniti fecero con l’Arabia Saudita, mediante il quale gli Arabi avrebbero venduto il petrolio in dollari in cambio di armi e protezione militare, anche a difesa dei pozzi stessi.

Nasce così ufficialmente il petrodollaro, che ha consentito alla valuta americana di diventare forte, a tal punto da garantire quanto segue:

  • importazioni a basso costo dagli altri paesi;
  • elevata stampa di cartamoneta senza problemi inflazionari;
  • incoraggiamento agli investimenti in dollari americani;
  • incoraggiamento agli investimenti sul suolo americano.

L’accordo stesso, aveva previsto la possibiltà per gli arabi, di accedere ad importanti agevolazioni proprio per acquistare ed investire sul suolo americano.

Dal punto di vista economico, si è trattato di un autentico bluff, che l’America è riuscita a mettere in atto con grande maestria ed efficacia, dopo che l’OPEC era riuscita di fatto a controvertire una situazione difficile per i paesi membri.

Lo yuan contro il petrodollaro

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Come con il petrodollaro, anche la Cina vorrebbe negoziare il petrolio con la propria valuta, lo yuan

Si tratta della soluzione economica cinese, i quali non vogliono essere da meno neppure in questo campo: la Cina vorrebbe introdurre la negoziazione del petrolio mediante la propria moneta, lo yuan.

Inoltre bisogna dire che in qualche frangente, i cinesi sono già riusciti a bypassare il dollaro, facendo tremare molto l’intera economia americana e mondiale. Il programma in ogni caso, è solo stato rinviato e non è escluso possa venir riproposto.
La Cina è attualmente l’importatore più importante di petrolio al mondo, ed ha quindi il potere di adottare politiche economiche aggressive.

La sfida lanciata all’occidente riguardo all’utilizzo dei dollari per l’acquisto di greggio, non è solo fine a se stessa, ma la conseguenza di una crescita esponenziale dell’economia cinese, che riceve sempre più seguito in tutto il mondo: questo ha causato l’interesse di altri paesi nel proporre l’acquisto del petrolio dalla Cina direttamente in yuan, con una specifica curiosità rivolta alla moneta ed all’economia cinese.

Non resta quindi che osservare ed attendere le interessanti evoluzioni che si presenteranno su questo tema, che peraltro è decisamente delicato.

La Norvegia

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La Norvegia è il terzo esportatore mondiale di petrolio dopo Arabia Saudita e Russia

La Norvegia con l’OPEC non c’entra nulla, ma è interessante riconoscere il motivo per il quale non ne faccia parte, visto che non sembrerebbe poter essere autonoma in questo ambiente di predatori.

Eppure è il maggior produttore di petrolio dell’Europa Occidentale ed è addirittura il terzo esportatore mondiale dopo Arabia Saudita e Russia.
Praticamente è una sorta di Svizzera nella guerra del petrolio; neutrale, autonoma ed esportatrice.

Incuriosisce tantissimo come sia possibile, in un mondo dove per il petrolio si combatte anche militarmente oltre che a colpi di strategie economiche, che una nazione come la Norvegia riesca a sopravvivere tranquillamente senza essere soggetta ad alcuna restrizione o forzata collaborazione con altri stati, tenendo inoltre presente l’elevato volume di esportazioni, che dovrebbe coincidere con l’utilizzo dei petrodollari.

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