Nel corso degli ultimi due anni e mezzo, in Italia milioni di persone si sono ritrovate, volenti o nolenti, a lavorare da casa. Lo smart working è diventato una modalità di lavoro comune, con tutti i suoi pregi e i suoi difetti. Certo, è importante gestirlo con attenzione, e anche le aziende si possono impegnare per fare in modo che il lavoro agile sia non solo strategico, ma anche gradevole. La nuova normalità relativa al mondo del lavoro, al di là dei dettagli burocratici, è stata foriera di flessibilità per molti, anche se non tutti l’hanno accolta in maniera positiva.

Smart working: che cosa è cambiato

In primo luogo, deve essere chiaro che telelavoro e smart working sono due concetti differenti. È il lavoro agile la vera novità da quando la pandemia da coronavirus ha rivoluzionato le nostre esistenze. Il fatto è che la sfera professionale ha fatto irruzione nello spazio privato di molti di noi, il che ha comportato la distruzione di tanti paradigmi, con effetti perfino destabilizzanti. Ma in diverse circostanze l’opportunità di lavorare da casa è diventata anche una possibilità di carriera, e quindi di avanzamento professionale. Fino al 31 dicembre dello scorso anno era più facile attivare tale modalità di lavoro, in virtù delle condizioni di eccezionalità che erano scaturite dalla situazione di emergenza sanitaria. Infatti, per tutto il 2021 i datori di lavoro hanno potuto usufruire della procedura semplificata, in virtù della quale c’era bisogno solo dell’applicativo informatico e dei moduli messi a disposizione dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.

Che cosa è cambiato nel 2022

La procedura prevista prima che scoppiasse la pandemia presupponeva che tra il dipendente e il datore di lavoro ci fosse un accordo scritto, il quale poi doveva essere trasmesso per via telematica. Questo accordo serviva a definire il volere di entrambe le parti di servirsi di questa modalità di lavoro. Dal punto di vista del datore di lavoro, la gestione del contratto risultava piuttosto semplice e comprendeva il preavviso, la durata, il potere di controllo disciplinare verso il dipendente, gli strumenti informatici e tecnologici usati e i luoghi in cui il dipendente avrebbe lavorato.

La gestione dello smart working

Qui è possibile trovare tutte le informazioni necessarie per le aziende a proposito dello smart working, che – essendo una modalità agile – può essere gestito dal datore di lavoro senza troppe difficoltà, a patto che vengano rispettati alcuni capisaldi del codice di comportamento. A iniziare, per esempio, dalla parità di trattamento che deve essere garantita a chi lavora a distanza e a chi lavora in presenza: parità sia dal punto di vista retributivo che a livello normativo. Altrettanto importante è il cosiddetto diritto alla disconnessione, in base al quale chi lavora in smart working deve poter usufruire di un riposo giornaliero e ha il diritto di non essere sempre reperibile.

La durata dello smart working

Sia i lavoratori che i datori di lavoro si chiedono spesso qual è il numero massimo di giorni previsto per lo smart working. In realtà non esiste alcun riferimento normativo in tal senso, il che vuol dire che non c’è una regola che definisca il numero massimo di giorni per cui è consentito il lavoro agile. Quindi ognuno si può gestire come vuole? Più o meno: tra il datore di lavoro e il dipendente viene stipulato un accordo che indica quali e quanti sono i giorni della settimana per cui è consentito il lavoro in smart working. Si può trattare di tutta la settimana, per esempio, o anche di un giorno solo. Parecchie imprese, in effetti, stanno puntando sulla modalità alternata, che offre ai lavoratori autonomia e flessibilità. Per quel che concerne gli orari, invece, essi devono essere gli stessi per chi lavora in smart working e per chi lavora in presenza, ovviamente nel rispetto di quanto indicato dal CCNL di riferimento in relazione al numero di ore. Se non si parla di telelavoro ma di smart working, è essenziale che venga assicurata la flessibilità oraria.

La gestione del lavoro a distanza

È importante stabilire una policy dedicata allo smart working, soprattutto in un contesto come quello attuale in cui è chiaro che il lavoro agile è destinato a far parte della quotidianità di molti di noi. Una policy interna è utile, per esempio, a informare il team a proposito delle modalità di gestione delle emergenze e più in generale delle comunicazioni. Del diritto alla disconnessione si è già detto, e la policy dovrebbe proteggerlo. In effetti la costante reperibilità viene ritenuta la più importante causa di svalutazione del lavoro agile dal punto di vista dei dipendenti. Questo non è il modo ideale per responsabilizzare i lavoratori, insomma. Per lo stesso motivo, chi riceve un messaggio di posta elettronica al di fuori dell’orario di lavoro non è tenuto a rispondere.

Meeting interni e video call: le regole da seguire

La telecamera deve essere accesa solo quando è davvero necessaria, e in generale è bene evitare norme in grado di causare disagio allo staff. Per i meeting interni è legittimo il ricorso a un abbigliamento comodo e che sia al tempo stesso professionale, mentre per le video call la parola d’ordine è discrezione.

La diffusione dello smart working

In base a una ricerca di Microsoft, tra le piccole e medie imprese il 12% delle aziende ha scelto di ricorrere allo smart working disciplinando il comportamento dei lavoratori e strutturando il meccanismo di funzionamento del lavoro. Nel 18% dei casi, invece, il tema è stato affrontato in maniera informale. Tra le grandi aziende corporate, ben il 58% delle imprese ha puntato sullo smart working, in modo da farlo diventare uno strumento che potesse essere fruito da parte dei dipendenti.

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