La partita IVA è inattiva quando non risulta operativa da almeno 3 anni, ma è ancora iscritta all’interno dell’anagrafe tributaria.

In questo caso il contribuente deve valutare se continuare a tenerla aperta avviando una nuova impresa o professione, anche cambiando codice ATECO, oppure, chiuderla definitivamente inviando l’apposita comunicazione.

Perché una partita IVA diventa inattiva?

La dormienza della partita IVA può dipendere da diverse ragioni, quella più frequente è che il titolare non svolge più alcun tipo di attività economica, ma continua a mantenerla aperta pur non utilizzandola.

A volte questa decisione diventa una vera e propria scelta, alcune persone lasciano la partita IVA dormiente per diversi anni così in caso di ripensamenti non devo procedere alla riapertura. Altre, invece, semplicemente se ne dimenticano.

Come il fisco gestisce una partita IVA non più attiva

L’Agenzia delle Entrate invia una comunicazione al titolare per segnalargli l’inattività e avere conferma di tale condizione.

In caso di mancata risposta, l’ente può decidere di cancellare la partita IVA dai registri e anche di inviare un avviso di accertamento in caso di tasse non pagate o sanzioni per inattività.

Se il contribuente non ha pagato le tasse dovute, l’Agenzia delle entrate gestisce i debiti procedendo con l’iscrizione a ruolo e, successivamente, mette in atto le dovute azioni per il recupero del credito.

Può anche segnalare la partita IVA inattiva alla Centrali dei Rischi (Crif) per problemi di credito e adottare azioni amministrative/penali in caso di violazioni fiscali.

Quali conseguenze della partita Iva inattiva?

Il titolare di una partita IVA dormiente può venir sanzionato per mancata presentazione dei modelli fiscali, omesso pagamento delle tasse dovute, mancata dichiarazione dei redditi e altre violazioni.

Può essere soggetto di accertamento fiscale e quindi essere sottoposto a controlli sulla situazione fiscale e calcolo di eventuali tasse dovute e non pagate negli anni precedenti.

L’Agenzia delle Entrate, come anticipato, può anche procedere ad eventuali azioni di recupero credito, segnalazione alle centrali rischi e cancellazione dai registri tributari.

Chiusura di una partita IVA inattiva

L’Agenzia delle Entrate, attuando l’art. 35, comma 15-quinquies del DPR 633/72, chiude d’ufficio le partite IVA dei soggetti che, su basi dei dati in possesso, non hanno esercitato attività di impresa, artistiche o professionalità nei tre anni precedenti.

L’ente si riserva, in ogni caso, di poter procedere ad eventuali controlli e accertamenti fiscali sulle annualità precedenti quelle dello stato di inattività.

Le partite IVA da chiudere sono individuate tramite riscontri automatizzati che tengono conto delle informazioni presenti all’interno dell’Anagrafe Tributaria. La chiusura avviene in modalità centralizzata.

Ogni soggetto individuato come possibile partita IVA inattiva riceve una comunicazione preventiva di chiusura d’ufficio tramite raccomandata con ricevuta di ritorno (A/R).

Il contribuente ha tempo 60 giorni dalla ricezione per fornire chiarimenti sulla sua posizione fiscale presso un ufficio territoriale dell’Agenzia dell’Entrate.

L’ente verifica la documentazione fornita dal contribuente che dimostrano la non inattività della partita IVA e procede all’archiviazione della comunicazione di chiusura, oppure, rigetta l’istanza, motivando il diniego, e procede all’estinzione.

Sanzioni per mancata comunicazione di inattività

Se l’Agenzia delle Entrate non ritiene valide le motivazioni fornite dal contribuente conferma la cessazione d’ufficio della partita IVA e l’iscrizione a ruolo della sanzione per omessa comunicazione della dichiarazione di cessazione di attività che va da 516 a 2.065 euro.

Previous

Ravvedimento operoso: cos’è, calcolo 2024

Next

I debiti con l’Agenzia delle Entrate vanno in prescrizione?

Lascia un commento

Check Also