Grande fermento e dibattito politico in campo pensionistico dopo il 1° Maggio 2018, con numerosi interventi a proposito di pensioni anticipate e le possibili riforme alla Legge Fornero. Forze politiche come la Lega avevano inserito nei propri programmi l’abolizione della Riforma 2012 e quindi l’intero riesame delle modifiche volute dall’ex ministro del Governo Monti in tema di pensioni e contributi: nei giorni in cui i 5 Stelle propongono un contratto di governo tralasciando questo nodo (e quindi aprendo virtualmente sia alla stessa Lega che al PD), si infiammano gli animi dei lavoratori e aspiranti pensionati precoci anche per interventi di INPS ed economisti sul tema.
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Dopo che la ex legge di Stabilità 2017 (e le successive modifiche del 2018) che oggi viene chiamata Legge di Bilancio, aveva previsto il cosiddetto APe (cioè l’Anticipo Pensionistico per soggetti con almeno 63 anni di età e 20 anni di contributi; una misura sperimentale) e aveva reintrodotto – in via strutturale – un tetto massimo contributivo di 41 anni per uomini e donne:
la c.d. “Quota 41”.
In particolare, nella Legge si era affrontato il tema delle “pensioni precoci”, cioè di quelle a cui possono accedere tutte le persone entrate nel mondo del lavoro prima del compimento della maggiore età – a patto di aver lavorato per almeno 12 mesi effettivi, anche se non continuativi – e che abbiano maturato la necessaria anzianità contributiva al 31/12/95.
- I LAVORATORI PRECOCI
- UN ESEMPIO PRATICO
- I REQUISITI 2018 PER LE PENSIONI PRECOCI
- CAREGIVER
- LAVORATORI DISOCCUPATI
- I CONTRIBUTI RICONOSCIUTI DALL’INPS PER LA PENSIONE ANTICIPATA PRECOCI
- IL RISCATTO DEI CONTRIBUTI NON VERSATI PER I PRECOCI
- L’ATTUALITÀ DEL TEMA DELLE PENSIONI PRECOCI: LE PAROLE DI SANDRO GRONCHI
- LE PAROLE DEL PRESIDENTE INPS, TITO BOERI
I LAVORATORI PRECOCI
Come è noto, prima della riforma Fornero del 2012, i lavoratori precoci erano una categoria che raggiungeva i quaranta anni di contributi necessari alla pensione pur avendo un’età anagrafica antecedente ai 60 anni.
Oggi che la pensione di anzianità è stata abolita per tutti, facendo prevalere il sistema contributivo, e ci sono voluti anni di lotte sindacali per riattivare la Quota 41, almeno a quei lavoratori che abbiano condizioni economiche e lavorative eccezionalmente svantaggiate (in particolare quattro categorie: cargiver, disoccupati, lavoratori con disabilità almeno del 74%, addetti a una delle mansioni gravose previste dalla stessa legge 232/2016).
Fino all’approvazione della Legge 11/12/2016 n. 232, la cui vigenza opera dal 1/1/2017, i lavoratori precoci erano persone che dovevano raggiungere i 42 anni e 10 mesi di contributi (se uomini) e i 41 anni e 10 mesi (se donne), come qualsiasi altro lavoratore: ora con la legge di Bilancio 2017 – che incide sul bilancio pluriennale statale nel triennio 2017-19 – il comma 199 dell’art.1 della medesima legge permette di ricevere un assegno calcolato con il sistema misto.
UN ESEMPIO PRATICO DI PENSIONI PRECOCI
In ogni caso un lavoratore che, ad esempio, avesse iniziato a lavorare a 14 anni nel 1983, si troverebbe nella primavera del 2018 a veder calcolata dal sito dell’Inps una possibile uscita dal lavoro a 59 anni pur avendo pagato quasi 45 anni di contributi, ma ricevendo una penalizzazione del 40% sullo stipendio. Questo lavoratore avrebbe l’opzione di accedere alla “pensione anticipata” (attenzione ‘NON precoci’, se non rientra nelle quattro categorie sopracitate) per le quali, a oggi, è richiesto un requisito di 42 anni e 10 mesi di contributi versati come lavoratore dipendente.
Dal 2019, sarà necessario, per accedere alla medesima pensione anticipata ‘non-precoci’, arrivare a 518 mesi (cioè 43 anni e 2 mesi), cioè aggiungere cinque mensilità contributive versate (per via della strutturalità della misura della pensione precoci, mentre l’APe resta per ora sperimentale), con un’aggravio di due mesi ogni biennio a partire dal 2021.
Nel caso perciò dell’ipotetico lavoratore con 35 anni di contributi nel 2018 (per inizio nel 1983) l’accesso più utile sarebbe nel 2027 (pensione anticipata semplice, 43 anni e 11 mesi di contributi), quando lo stesso avrebbe ormai pagati accantonamenti pensionistici per quarantaquattro anni.
I REQUISITI 2018 PER LE PENSIONI PRECOCI
Pur rimanendo necessari i requisiti di fondo dei lavoratori precoci (41 anni di contributi, un anno di versamenti prima del 19mo anno di età, per persone iscritte a una forma di previdenza obbligatoria a partire da una data – a oggi – precedente al 1° gennaio 1996), per accedere alla pensione anticipata precoce bisogna rientrare poi in una delle quattro categorie di lavoratori previste dal comma 199 dell’art. 1 della L. 232/2016: caregiver, lavoratori disoccupati, lavoratori con ridotta capacità lavorativa pari almeno al 74% e addetti a mansioni gravose. Vediamoli uno per uno.
CAREGIVER
I caregiver sono persone che assistono da almeno sei mesi un parente convivente (parentela di primo grado, handicap grave, come definito ai sensi dell’art. 3 co.3 L. 104/1992) o comunque un parente o affine di secondo grado qualora i genitori o il coniuge siano mancanti, abbiano almeno 70 anni o siano affetti da patologie invalidanti.
Nel 2018 la normativa ha allargato proprio a parenti e affini di secondo grado (e quindi a sorelle, fratelli, nonni, nipoti quali parenti; oppure a nonni e nonne del coniuge, cognati e cognate quali affini) l’ambito di riconoscimento dello status di cargiver.
LAVORATORI DISOCCUPATI E PENSIONI PRECOCI
Si tratta di lavoratori che abbiano perso il lavoro per licenziamento involontario o per dimissioni per giusta causa (ma anche per chi abbia avuto una risoluzione per le procedure di conciliazione ex art. 7 L. 604/1966) purchè abbiano cessato di percepire gli ammortizzatori sociali da almeno tre mesi ma per cui continuino a sussistere i requisiti della disoccupazione.
E anche se le novità 2018 hanno portato anche i lavoratori disoccupati a seguito della scadenza di un contratto a termine ai benefici dell’APe social, questa categoria non rientra tra quelle che possono godere della possibilità di fruire della pensione anticipata precoci. Nel medesimo modo l’altra novità 2018, cioè lo sconto contributivo alle donne con figli (fino al massimo di 2 anni, con uno sconto di un anno per figlio), non si applica alla pensione precoci ma solo all’APe social.
LAVORATORI CON DISABILITÀ DI ALMENO IL 74%
Il requisito della riduzione della capacità lavorativa pari o superiore al 74% resta invariato nel 2018 rispetto alla Finanziaria 2017.
LAVORATORI SUBORDINATI CON MANSIONI GRAVOSE
Si tratta di lavoratori dipendneti che siano impiegati per mansioni gravose da almeno sette anni negli ultimi dieci o da almeno sei negli ultimi sette. Nel 2018 la novità è che lo svolgimento della mansione gravosa non deve più avvenire da almeno sei negli ultimi sette, comprendendonei sei anche il settimo antecedente. L’altra novità 2018 è stato l’allargamento da undici a quindici tipologie di mansioni gravose che danno diritto al trattamento: mentre prima erano previste
- addetti alla concia di pelli e pellicce
- addetti ai servizi di pulizia
- addetti spostamento merci e/o facchini
- conducenti di camion o mezzi pesanti in genere
- conducenti di treni e personale viaggiante in genere
- guidatori di gru o macchinari per la perforazione nelle costruzioni
- infermieri o ostetriche che operano su turni
- maestre/i di asilo nido e scuola dell’infanzia
- operai edili o manutentori di edifici
- Operatori ecologici e tutti quelli che si occupano di separare o raccogliere rifiuti
- chi cura per professione persone non autosufficienti
- siderurgici
- marittimi
- pescatori
- agricoltori.
I CONTRIBUTI RICONOSCIUTI DALL’INPS PER LA PENSIONE ANTICIPATA PRECOCI
Il tema delle pensioni precoci presenta notevoli difficoltà per i lavoratori che aspirano a beneficiare delle previsioni di legge dei 41 anni (cioè del minimo delle di 2.132 settimane contributive): l’INPS comunque ricorda che considera valida “la sola contribuzione obbligatoria dovuta per i periodi di prestazione effettiva di lavoro espressa in mesi, settimane o giorni riferita all’anzianità contributiva utile per il diritto e la misura secondo le rispettive discipline vigenti presso le varie forme assicurative previdenziali”.
Perciò l’Ente ricorda che si può considerare solo l’attività di lavoro dipendente o autonomo che possa essere usata per perfezionare il requisito dei dodici mesi entro la minor età, senza perciò potersi considerare utile la contribuzione da riscatto per periodi di studio o di formazione e le contribuzioni volontarie o figurative, cosgtringendo il cittadino che voglia produrre domanda per il pensionamento con i requisiti del lavoro precoce a fare molta attenzione a cosa venga riportato nell’estratto conto contributivo stampato dall’INPS stessa.
IL RISCATTO DEI CONTRIBUTI NON VERSATI PER I PRECOCI
Ai vincoli dell’estratto conto contributivo c’è però l’eccezione del caso in cui il cittadino che ha prestato lavoro in minore età non abbia contributi versati dal datore di lavoro. In questo il lavoratore, versando i relativi oneri economici all’Ente, potrebbe ottenere così la copertura necessaria per ottenere il riconoscimento di lavoratore precoce, consentendo perciò un riscatto ai soli fini di perfezionamento del requisito dei dodici mesi chiesti dalla norma.
Per il lavoratore precoce – ai fini del calcolo dell 2.132 settimane effettivamente versate che andava inviato col nuovo modello AP116 entro il 20 aprile scorso – può essere poi considerata la contribuzione per prestazione di lavoro effettiva accreditata anche in altri fondi pensionistici obbligatori diversi da quello dove viene liquidata la pensione anticipata, purchè venga conseguito il requisito contributivo ridotto di cui all’art. 1, co. 199 L. 232/2016 nella gestione in cui deve essere liquidato il trattamento pensionistico: cioè si possono cumulare periodi di lavoro autonomo e dipendente, purchè svolti prima della maggiore età.
L’INPS chiarisce poi che si possono valorizzare tutti i periodi contributivi accreditati, siano essi contribuzione obbligatoria, volontaria, figurativa e da riscatto, con il solo limite, già previsto nella normativa generale, secondo il quale va ragguagliato un minimo di 35 anni di versamenti esclusa la contribuzione figurativa per disoccupazione indennizzata e per malattia.
E’ perciò valutabile ogni e qualsiasi contribuzione sia stata versata a favore dell’assicurato, a qualsiasi titolo, pur dovendosi rispettare il contestuale perfezionamento del requisito di trentacinque anni di contribuzione utile (per il diirtto alla pensione di anzianità come era disciplinata prima dell’arrivo della Riforma Fornero).
L’ATTUALITÀ DEL TEMA DELLE PENSIONI PRECOCI: LE PAROLE DI SANDRO GRONCHI
Come mai il tema delle pensioni precoci è tanto dibattuto? Tutto nasce dal fatto cheuna forza politica come la Lega ha messo nel suo programma elettorale l’abolizione della Rifoma Fornero del 2012. Ne sono seguite, nella primavera 2018, polemiche che ruotano soprattutto sul tema dei 41 anni per tutti e sulle donne, sull’argomento delle pensioni precoci e a coloro che possono andare in pensione a 57-58 anni.
Sul tema ha speso parole l’economista e docente universitario della Sapienza di Roma Sandro Gronchi, intervistato il 24 aprile dal giornalista Colombo de Il Sole 24 Ore. Secondo Gronchi “l’obsolescenza di coefficienti così giovanili compromette l’equilibrio finanziario del sistema, oltre a procurare iniqui vantaggi a chi ha beneficiato di carriere lavorative non interrotte da periodi di lavoro nero e disoccupazione”.
Queste parole avevano infiammato la polemica tra i lavoratori precoci (e in ogni caso qualsiasi sistema di pensione anticipata compresa quella delle donne) costretti a rimanere sul posto di lavoro prima di andare in pensione ben oltre i 40 anni, indipendentemente dall’età raggiunta: Gronchi, insistendo sul criterio che l’accesso alla pensione debba basarsi sull’età anagrafica e non sugli anni contributivi pagati dal lavoratore, ha dimenticato questa importante fascia di lavoratori già tutelata dalle Finanziarie 2017 e 2018.
LE PAROLE DEL PRESIDENTE INPS, TITO BOERI
Parole pesanti quelle di Tito Boeri proprio a proposito delle richieste di riforma della legge Fornero e delle pensioni precoci, col presidente dell’INPS che alla trasmissione di Lucia Annunziata “Mezz’ora in più” di Rai3 ai primi di maggio 2018 ha parlato della riforma Fornero e del fatto che i costi per abolirla sarebbero insistenibili.
Per Boeri l’abolizione della Fornero “determinerebbe una ‘doppia iniquità’ a carico di chi ha già pagato il costo di quella riforma e delle generazioni più giovani. Ed avrebbe un costo difficilmente sostenibile dal sistema previdenziale portando a 85 miliardi il debito pensionistico”, con costi vivi intorno agli 11-15 miliardi.
Ancora più critico il presidente INPS in tema di quota 100 e di quota 41, cioè di pensioni inaticipate e pensioni precoci, con Boeri che afferma come “la proposta di quota 100 e dei 41 anni di contributi minimi secondo le nostre stime è ancora più costosa e a mio giudizio non è sostenibile e potrebbe costare 105 miliardi di debito pensionistico”.
Il tema delle quote 100 e 41 e delle pensioni precori sarà perciò un macigno che graverà sul prossimo esecutivo, soprattutto in un’ottica di equità sociale (nonostante i contratti di governo proposti dal M5S manchino di qualsiasi riferimento alla riforma Fornero), visto che le modifiche al sistema pensionistico italiano del 2012 hanno innegabilmente aumentato la povertà in Italia.
Un nodo, quelle delle pensioni italiane, che neanche l’Unione Europea può aiutarci a sciogliere e che, anzi, trova molta ostilità e diffidenza da parte degli euroburocrati e dei ministri delle Finanze europei.