Rimborso pensioni: situazione attuale

Si apre un altro paragrafo per quanto riguarda l’argomento ”rimborso pensioni”: il controllo degli assegni ha dato ragione al bonus Poletti secondo la Corte Costituzionale.

Il 25 ottobre 2017 la Consulta, appellandosi al bonus Poletti presente nel decreto numero 65/2015, ha bocciato in sentenza i ricorsi per il rimborso delle pensioni per incostituzionalità del meccanismo.

È risaputo che negli ultimi anni ci sono state molte domande di rivalutazione da parte dei pensionati all’INPS, in seguito alla fine della perequazione. Puoi chiamare il numero verde inps per maggiori informazioni.
È quindi ancora possibile sperare nel rimborso pensioni per mancata rivalutazione?

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negli ultimi anni ci sono state molte domande di rivalutazione delle pensioni da parte dei pensionati all’INPS

Già nel biennio 2012-2013 ci fu un blocco parziale della rivalutazione delle pensioni, tramite una legge formulata l’anno precedente, per gli importi che superavano il triplo dell’importo minimo, per un totale di circa 1.400 euro.

In seguito, ci fu la cancellazione della suddetta legge grazie ad una sentenza della Corte Costituzionale, sentenza che fu poi in parte annullata con l’inserimento del bonus Poletti nel decreto legge 65/2015, che offriva ai pensionati un rimborso pensionistico soltanto parziale.

Negli ultimi mesi, visti i vari solleciti da parte dei Tribunali di tutta Italia sui parametri della nuova ricostruzione, si è tornati al vaglio da parte della Consulta per i rimborsi pensione, avendo quindi giudicato il decreto del Governo Renzi del 2015 come atto a fornire rimborsi pensioni insufficienti.

La Corte Costituzionale, alla fine, ha però smorzato gli animi dei pensionati, dichiarando legittimo il bonus Poletti e la conseguente rivalutazione parziale che ne deriva.

Il problema

Andando più a fondo nella questione, si può cercare di trovare la radice del problema.
Basti pensare inizialmente alla funzione del rimborso pensioni, ovvero il cercare di risarcire i pensionati che hanno ricevuto dei danni causati dal blocco delle rivalutazioni pensionistiche.

Come citato poco fa, il blocco rivalutazioni (imposto dal decreto Salva Italia) ha bloccato l’indicizzazione per due anni per pensioni al di sopra di una certa soglia.

La sentenza 70/2015 della Consulta ha in seguito delegittimato la norma, eliminando il blocco delle rivalutazioni e facendo ripartire i rimborsi, soprattutto perché la norma che ha portato a tale blocco era incoerente con la legislazione precedente e con quella successiva, in particolar modo con la legge 147/2013.

Bonus Poletti

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Il decreto legge 65/2015 con le percentuali di rivalutazione del bonus Poletti ha preso in mano la situazione delle pensioni

Il decreto legge 65/2015 ha poi in parte collimato col decreto Salva Italia, cercando di venire leggermente più incontro al cittadino, con le percentuali di rivalutazione del bonus Poletti.

Le percentuali, infatti, restano:

  • totali per pensioni che rientrano nella soglia del triplo della pensione minima
  • al 40% per pensioni che rientrano tra le tre e le quattro volte la pensione minima
  • al 20% per pensioni che rientrano tra le quattro e le cinque volte la pensione minima
  • al 10% per pensioni che rientrano tra le cinque e le sei volte la pensione minima
  • allo zero per pensioni superiori a sei volte la pensione minima (circa 2.800 euro)

Risposta dell’INPS

L’INPS ha poi, col messaggio numero 53 del 5 gennaio 2017, cercato di chiarificare l’argomento ”rimborso pensioni”, stabilendo come si sarebbero comportati verso le richieste di rimborso arrivate loro.

L’INPS non ha potuto dare disponibilità di rimborso pensioni per i quattro anni compresi tra il 2012 e il 2015, poiché gli adeguamenti in oggetto si ritrovano in linea con il modus operandi sancito dalla legge 65/2015.

Essendo il calcolo di rimborso poggiato su requisiti dettati dalla legislazione attuale, l’INPS rigetterà le varie richieste a loro indirizzate.

Cifre

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Per poter attuare a pieno il rimborso pensioni 2012-2015, lo Stato avrebbe dovuto elargire una cifra pari a 24 miliardi di euro

Parlando un po’ di numeri, c’è da dire che probabilmente la scelta di ritenere legittimo il bonus Poletti e di bloccare il rimborso pensioni nel periodo tra l’anno 2012 e l’anno 2015 è stata influenzata anche dall’esborso di cifre elevate da parte dello Stato.

L’Ufficio parlamentare di Bilancio ha, infatti, stimato che per poter attuare a pieno il rimborso pensioni 2012-2015, lo Stato avrebbe dovuto elargire una cifra pari a 24 miliardi di euro.
L’esecutivo Renzi, grazie al bonus Poletti, è riuscito a limitare l’esborso, portandolo a tre miliardi di euro.

Modifiche per il 2018

La norma dovrebbe essere modificata per l’anno 2018, andando a ritoccare le percentuali di rimborso per le pensioni superiori ai 1.500 euro lordi: le percentuali dovrebbero infatti partire dal 100% per le pensioni al di sotto di tale soglia, per poi scendere fino al 45% per soglie superiori ai 3.000 euro.
Mezza vittoria, quindi, per i pensionati: non ci sarà, a meno di modifiche ulteriori, il rimborso integrale delle pensioni ma ci saranno percentuali molto più congrue rispetto al 10% stabilito in precedenza.

Si può richiedere il rimborso?

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La sentenza della Corte Costituzionale del 25.10.2017 ha ribadito la legittimità del bonus Poletti

Per poter rilasciare ulteriori rimborsi, l’INPS non ha potuto che affidarsi alla sentenza della Corte Costituzionale avvenuta in data 25 ottobre 2017 che, come già citato, ha ribadito il concetto di legittimità del bonus Poletti.

Tale sentenza avrebbe potuto giocare un ruolo fondamentale nella corsa al rimborso integrale della pensione negli anni tra il 2012 e il 2015, al punto che la stessa è in corso di valutazione alla Corte europea dei diritti dell’uomo.

Diversi avvocati hanno dichiarato di voler continuare a cercare una soluzione dopo la pubblicazione del testo di giudizio, mettendo quindi in stand-by l’argomento rimborso pensioni e continuando a dare speranze ai pensionati coinvolti nella diatriba legale.

Ricorso alla Cedu

Come già accennato prima, in seguito al verdetto della Consulta che sanciva quindi la fine dei rimborsi sulle pensioni, sono state decine i ricorsi indirizzati alla Corte europea dei diritti dell’uomo.

Ricorsi che ribadiscono come i soldi mancanti tra il rimborso integrale e quello invece attuato dal bonus Poletti (quantificato in circa 21 miliardi di euro per gli anni dal 2012 al 2015) siano finiti ingiustamente nelle casse statali, anziché nelle tasche dei pensionati spettanti di diritto.

Oltre ai ricorsi dai privati, diverse associazioni presenti nella categoria si sono mobilitate per la tutela dei pensionati e dei loro diritti, come ad esempio Aspes, già mandante di diversi ricorsi ad inizio 2017 sempre sull’argomento rimborso pensioni.

L’unica speranza per una svolta operativa verso la gestione del rimborso pensionistico e della rivalutazione degli assegni viene quindi dall’Europa.

Non tutti i pensionati possono però appoggiarsi al ricorso preparato dai legali di Aspes, bensì solo quelli che rientrano in due parametri:

  • l’entrata in pensione entro il giorno 1 dicembre 2012
  • l’aver percepito, in quel determinato anno, una pensione superiore a circa 1.400 euro lordi, ovvero 1.130 euro netti.

Violazione dei diritti

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La questione del rimborso pensioni non è ancora chiusa in Italia

Viene da chiedersi, quindi, se il fatto che tutta la faccenda si sia spinta ad un punto tale da includere nella discussione la Corte europea dei diritti dell’uomo, sia sintomo del fatto che ciò che inizialmente sembrava un illecito dello Stato, atto a salvaguardare le già malridotte casse statali, non sia una vera e propria privazione dei diritti dell’uomo.

Basti guardare le percentuali di rimborso delle pensioni più elevate per farsi un’idea di quanti soldi legittimi vengano sottratti dalle tasche dei pensionati italiani.

Al fronte di ciò, in molti hanno discusso sull’aver dato troppa importanza ad argomenti come una sottrazione di denaro a cifre tutto sommato importanti e di aver lasciato in disparte argomenti più d’impatto soprattutto per il popolo, come le cifre troppo basse della pensione minima e l’età pensionabile sempre più elevata in seguito alla riforma delle pensioni Fornero.

Con tutta probabilità, i cambiamenti che quest’ultima riforma porterà nel prossimo biennio, uniti al progredire dei vari ricorsi inviati alla Corte europea dei diritti dell’uomo sul rimborso pensionistico, alzeranno un bel polverone sull’argomento pensioni in tutto il suo specchio.

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