Il pignoramento dello stipendio è uno strumento giuridico a disposizione dei creditori verso un debitore che non riesce a onorare i propri debiti.

Si tratta di una procedura particolare di espropriazione coattiva rientrante nella sfera del pignoramento presso terzi. È, in sostanza, un’azione legale attuata per recuperare i crediti che il debitore ha contratto con terzi.

Che cosa significa il pignoramento dello stipendio?

In parole semplici, il pignoramento dello stipendio richiede al datore di lavoro del debitore di trasferire una parte del suo salario direttamente al creditore. Di conseguenza, il lavoratore riceve uno stipendio ridotto, con l’importo versato al creditore, fino a quando il debito non viene completamente estinto.

È importante notare che questa procedura non esclude altri mezzi che i creditori possono utilizzare per recuperare il debito, come il pignoramento di conti correnti o beni di proprietà del debitore.

Chi può chiedere il pignoramento dello stipendio?

In teoria, fare richiesta di pignoramento dello stipendio, qualunque creditore pubblico o privato, che detiene un titolo di credito nei confronti del debitore.

Quest’ultimo può essere una fattura non saldata, un assegno insoluto, una cambiale non pagata oppure un contratto di mutuo.

Esistono però delle regole specifiche che applicano limiti alla procedura, come vedremo nei prossimi paragrafi.

Come avviene la procedura di pignoramento dello stipendio

In primo luogo, il creditore deve possedere una prova certa e valida del suo diritto, che può utilizzare per richiedere al giudice di emettere un decreto ingiuntivo, con cui intima al debitore di effettuare il pagamento entro un termine stabilito.

Se il debitore non risponde o non paga, il decreto diventa esecutivo, generando l’obbligo di pagamento dell’importo previsto più le eventuali spese legali.

A questo punto, il creditore, tramite l’ufficiale giudiziario, invia al debitore l’atto di precetto, con cui richiede il pagamento del debito entro un massimo di 10 giorni. Se anche questa richiesta rimane inevasa, il creditore può procedere con il pignoramento dello stipendio.

Limiti per il pignoramento dello stipendio

Per proteggere il debitore e garantire il suo sostentamento minimo, la legge italiana prevede dei limiti al pignoramento dello stipendio.

Questo significa che non può essere pignorata l’intera somma dello stipendio, ma soltanto una parte.

La quota massima pignorabile dello stipendio è generalmente pari a 1/5 del suo valore netto. Ma questo limite può variare in base alla natura del debito.

Infatti, la legge distingue tre categorie di debiti:

  • Debiti alimentari, come l’assegno di mantenimento per i figli o per l’ex coniuge;
  • Debiti nei confronti dell’Agenzia delle Entrate;
  • Altri tipi di debiti.

In presenza di più creditori che vantano diritti su una medesima categoria di debito, la quota pignorabile rimane sempre e solo 1/5. Se invece la richiesta di pignoramento riguarda diverse categorie di credito, la quota pignorabile può arrivare fino a un massimo di 2/5.

Cosa succede se si perde il lavoro?

Se il debitore perde il lavoro e non riceve più un salario, il pignoramento decade fino a quando non ottiene un’altra fonte di reddito da lavoro.

C’è da dire, però, che la cessazione del pignoramento dello stipendio potrebbe legittimare il creditore a pignorare altre somme dovute al debitore, come il TFR (trattamento di fine rapporto) o il TFS (trattamento di fine servizio).

Per tale ragione, una persona che si trova in una situazione di pignoramento dello stipendio e poi di successiva perdita de lavoro, non deve ignorare il problema ma cercare subito l’aiuto di un team di professionisti per evitare che i debiti pesino gravemente sulla propria vita.

Previous

Saldo e stralcio bancario: vantaggi e come ottenerlo

Next

Buoni pasto elettronici: cosa sono e come funzionano

Check Also