Alla morte di un imprenditore individuale spetta agli eredi decidere se proseguire o cessare l’attività d’impresa. Se decidono di continuare, l’impresa entra a far parte dell’eredità del defunto e diventa oggetto di comunione ereditaria tra gli eredi.
Se invece, gli eredi cessano l’attività d’impresa, quest’ultima sarà regolata dalle norme presenti nel Codice Civile, sulla comunione ereditaria.
Gli eredi proseguono l’attività d’impresa dopo la morte dell’imprenditore
Nel caso in cui gli eredi scelgano di portare avanti l’attività dell’imprenditore defunto, la comunione ereditaria che si forma viene trattata, secondo la legge, come una società di fatto.
Ma nel nostro ordinamento, a partire dal 1996, non è più riconosciuta l’esistenza forma della società di fatto, per cui, entro un anno dalla scomparsa del titolare, la società costituita dalla comunione ereditaria deve essere trasformata in società di persone o capitali, in base alle preferenze dei soggetti coinvolti.
La società di fatto non può essere costituta con un atto formale scritto e quindi non risulta nel Registro delle Imprese, di conseguenza, viene considerata irregolare. Nell’attesa della regolarizzazione viene disciplinata dalle norme previste per la società semplice.
Quest’ultima prevede una minore autonomia patrimoniale e fin quando non viene regolarizzata, gli eredi devono tener conto delle limitazioni e delle responsabilità che riguardano la gestione dell’attività.
Se gli eredi decidono di proseguire l’attività aziendale devono, entro 12 mesi dal decesso dell’imprenditore individuale, presentare la dichiarazione di successione, che dovrà includere, anche i dati relativi all’impresa e alla sua valutazione, che serviranno al calcolo delle imposte dovute.
Con l’atto di successione vengono stabiliti i diritti e le obbligazioni e la trasmissione del patrimonio agli eredi. Entro 30 giorni dalla morte del titolare, il rappresentante legale scelto deve presentare la variazione IVA all’Agenzia delle Entrate, necessario per aggiornare le informazioni fiscali dell’azienda e i dati della comunione ereditaria.
La variazione IVA consente alle autorità fiscali di registrare correttamente la nuova situazione della società, garantendo la continuità dell’attività commerciale e assicurando che gli eredi possano operare legalmente nell’ambito dell’impresa ereditata.
Per ciò che riguarda l’imposizione diretta, il trasferimento dell’impresa dopo la morte dell’imprenditore viene considerata fiscalmente neutrale quando gli eredi decidono di portare avanti l’attività aziendale e i valori dei beni restano invariati rispetto. Gli eredi diventano i responsabili della presentazione delle dichiarazioni fiscali relative al contribuente deceduto.
Il reddito ottenuto dall’attività imprenditoriale viene ripartito sotto forma di reddito di partecipazione tra gli eredi. È il rappresentante legale della comunione ereditaria che comunica a ogni erede il prospetto riepilogativo che indica le quote di reddito o di perdita da attribuire a ognuno, insieme alle ritenute d’acconto o ai crediti d’imposta.
Il reddito ottenuto dai singoli eredi è considerato reddito d’impresa e viene assoggettato a imposizione fiscale in base alle norme relative allo stesso.
Gli eredi non continuano l’attività imprenditoriale dopo la morte del titolare
Se nessun erede vuole continuare l’attività d’impresa del defunto, si forma una nuova comunione ereditaria che ha il solo scopo del godimento dei beni che compongono l’azienda e dei suoi frutti.
In altre parole, l’impresa non si configura più come un’attività economica nel senso stretto del termine, ma come una comunione di beni che possono essere “utilizzati”, in quanto patrimonio.
Gli eredi potranno goderne sotto forma di stipendi, dividendi o utili assistenziali che però non permettono l’avvio di nuove iniziative imprenditoriali sul marchio parentale, senza un reale consenso e diversa forma giuridica.
Gli eredi vendono l’azienda
Nel caso in cui gli eredi decidano di vendere l’azienda, la cessione genera un reddito diverso (art.67, comma 1, Testo Unito delle Imposte sui Redditi), e di conseguenza, la plusvalenza derivante dovrà essere assoggettata a tassazione, quindi andrà dichiarata per poter pagare le imposte dovute.
In alcune circostanze particolari, non si genera una plusvalenza fiscale: ad esempio, se la comunione ereditaria si scioglie entro cinque anni dalla successione, se l’azienda viene assegnata a uno solo degli eredi nell’ambito della costituzione di una società, se gli eredi decidono di non proseguire l’attività, oppure se i beni aziendali vengono ceduti gratuitamente.