Sottoscrivere un fondo comune non significa comprare un singolo titoli, azioni oppure obbligazione. Significa piuttosto comprare un servizio d’investimento collettivo.
Il fondo comune può essere immaginato come un grosso salvadanaio, in cui tanti risparmiatori mettono insieme i loro soldi. Questi soldi, che insieme costituiscono il patrimonio del fondo, sono investiti in tanti titoli diversi, puoi vedere i vari tipi di fondi d’investimento.
La caratteristica del servizio sta nel fatto che il patrimonio del fondo non è statico; i titoli acquistati non rimangono nelle casse del fondo fino alla loro scadenza, ma vengono movimentati, comprati e venduti per ottenere il massimo del rendimento possibile. Il patrimonio non è statico anche per un altro motivo. Può crescere o diminuire continuamente per l’ingresso o l’uscita dei risparmiatori. Il fondo comune di cui stiamo parlando infatti è di tipo aperto: in qualsiasi momento un risparmiatore può investirci i propri soldi e in qualsiasi momento può ritirarli.
Per conoscere in modo approfondito le caratteristiche delle varie tipologie di fondo consiglio di andare alle pagina dedicata alla tipologia interessata, per capire come funzionano in generale i fondi è possibile seguire il seguente indice.
- Come si entra
- Piani di accumulo del capitale, PAC
- Come viene gestito il patrimonio
- Diversificazione dei rischi
- Fondi di fondi
- Conflitti di interesse
- Controlli e sicurezze per il risparmiatore
- Come si rivaluta il patrimonio di un fondo
- Il valore della quota
- Come usare in modo intelligente il valore della quota?
- Battere il Benchmark
Come si entra
Entrare in un fondo comune è semplice: basta rivolgersi allo sportello di una banca o a un promotore finanziario e fare un versamento. Unico limite: l’investimento deve essere almeno pari a una cifra minima, prevista dal regolamento di ogni singolo fondo. Questa cifra è solitamente molto modesta, anche solo 500 € ed è per questo che i fondi comuni sono adatti a qualsiasi tipo di clientela, anche molto popolare.
Ma che cosa si compra, concretamente, entrando in un fondo? Si compra, o meglio, si sottoscrive un certo numero di quote del fondo. La quota è l’unità di misura del fondo. Il patrimonio del fondo è suddiviso in tante quote uguale, ognuna con lo stesso valore e rappresentativa dell’andamento di tutti gli investimenti del fondo stesso.
Il numero di quote che vengono sottoscritte dal singolo risparmiatore dipende dalla cifra che ha deciso di investire e dal valore della quota del fondo scelto.
Tutti i clienti di un fondo comune sono uguali dal punto di vista qualitativo: ogni quota da diritto di partecipare alla stessa percentuale di rendimento (o perdite).
Per controllare quante quote ha comprato, un risparmiatore può leggere il valore della quota del suo fondo sulle pagine finanziarie di un quotidiano, nel giorno in cui il versamento è effettivamente pervenuto alla società di gestione.
Possono quindi passare alcuni giorni da quanto il risparmiatore da il via al proprio investimento in un fondo comune fino a quanto gli vengono attribuite le quote dello stesso fondo. Questo dipende dalla velocità con cui viaggiano i soldi, ma anche dalla buona organizzazione della società di gestione e della suq rete di vendita.
Piani di accumulo del capitale, PAC
Una strategia di investimento in fondi è quella del PAC, cioè l’entrata nei fondi a piccoli passi. Due le molle per imboccare questa strada: non avere subito a disposizione un capitale cospicuo da impiegare, ma sapere di poterlo accumulare nel tempo; aver capito che tanti piccoli versamenti, invece di uno solo grande, possono essere convenienti per mediare il prezzo di acquisto.
Il PAC è un modo di sottoscrivere un fondo comune, impegnandosi a versare una certa cifra con una certa periodicità per un certo numero di anni.
Si può sottoscrivere un PAC, per esempio, da 500 € al mese per dieci anni: alla fine saranno versati nelle casse del fondo 30 000 €. Con quale risultato? Dipende ovviamente da quanto è stato bravo nei dieci anni il gestore del fondo. Ma il rendimento globale ottenuto può essere anche molto migliore di quello che si sarebbe raggiunto investendo tutti i 30 000 € subito. Se per esempio il versamento in un’unica soluzione in un prodotto azionario fosse avvenuto in una fase di supervalutazione delle azioni, anche le quote del fondo sarebbero state comprate a caro prezzo, compromettendo così l’intero investimento.
Se invece in quella stessa data il primo investimento fosse stato di 500 €, allora solo le quote corrispondenti a quella cifra vengono sottoscritte a caro prezzo e ogni versamento successivo avverrà a prezzi diversi, più o meno convenienti.
Il PAC è anche un mezzo comodo per accumulare risparmio. Per avviarlo è consigliabile dare alla proprio banca un ordine di bonifico permanente a favore della società di gestione del fondo prescelto: automaticamente, ogni mese, la rata del PAC verrà trasferita nelle casse del fondo.
Come viene gestito il patrimonio
Per proteggere l’investitore da pericolose operazioni da parte del gestore del fondo esistono numerose limitazioni per quanto riguarda l’operatività. È vietato investire nello stesso fondo del quale si è investitori e se ne capisce facilmente il motivo: evitare che il fondo diventi fonte di finanziamento per la società che lo amministra e che invece deve tenere il patrimonio ben separato da quello dei sottoscrittori. È vietato poi vendere valori mobiliari allo scoperto, ovvero giocare in Borsa scommettendo sul ribasso del listino, un’operazione da alto rischio. Il gestore non può speculare sui metalli preziosi e nemmeno sui certificati che li rappresentano. Infine la società di gestione non può fare operazioni di riporto finanziario attivo, cioè prestare soldi al altri operatori, assumendo in cambio pacchetti di titoli.
Diversificazione dei rischi
La legge prevede anche tutta una serie di limiti agli investimenti di un fondo comune, con l’obbiettivo di favorire una sana diversificazione dei rischi, così il gestore non può concentrare i rischi delle sue attività su uno stesso emittente. In generale non può impiegare più del 5per cento del patrimonio del fondo in valori mobiliari di uno stesso emittente, per esempio azioni della Fiat o Obbligazioni dell’Istituto Intesa San Paolo. È chiaro che se il patrimonio fosse investito al 50per cento nei titoli di una stesa società e se questa società fosse travolta da una crisi di mercato, ecco che l’equilibrio e la buona salute del fondo sarebbero gravemente compromessi.
Il 5per cento è tassativo per l’investimento in titoli non quotati di uno stesso emittente; viene invece elevato in altri casi particolari. Il fondo può investire fino al 10per cento delle proprie attività in titoli di uno stesso emittente, se in tutto non investe in questo modo più del 40per cento del proprio patrimonio. Il limite sale anche fino al 15per cento se l’investimento è in titoli mobiliari garantiti da uno Stato aderente all’ Ocse e fino al 35per cento se i titoli sono emessi direttamente da uno Stato aderente all’Ocse o da organismi internazionali di carattere pubblico di cui facciano parte uno o più paesi dell’Unione Europea. Se invece si tratta di obbligazioni emesse da una banca, con le garanzie prescritte dalla Banca d’Italia, il fondo può investirci fino al 25per cento delle proprie attività.
Fondi di Fondi
Per i gestori dei fondi è possibile anche investire anche in quote di altri fondi, sia fondi aperti sia fondi chiusi, a patto però che la politica di gestione di questi fondi sia compatibile con quella del fondo che li deve inglobare. L’operazione può essere interessante, per il gestore, quando riguarda prodotti molto specializzati.
Se per esempio ha deciso di investire una piccola parte del patrimonio del fondo nelle Borse dell’Estremo Oriente, ma non vuole sobbarcarsi i costi dell’analisi in proprio e della selezione dei titoli, può semplicemente sottoscrivere un fondo specializzato in quell’area, che ha già dato una buona prova del proprio andamento.
Anche qui ci sono dei limiti: per le quote dei fondi chiusi valgono quelli già elencati a proposito dei normali valori mobiliari; per i fondi aperti, le loro quote non possono rappresentare più del 5per cento del patrimonio del fondo. Questa estrema prudenza è dettata dall’esperienza del passato, quando alcune colossali truffe ai danni dei risparmiatori sono state organizzate proprio con i fondi di fondi: la stessa società continuava a sfornare prodotti, ognuno che investiva nelle attività dell’altro, generando commissioni su commissioni a beneficio solo dei promotori. In poche parole se un fondo investe in quote di un altro fondo, che a sua volta è investito in quote di altri fondi, tutti della stessa società di gestione, e se a ogni passaggio la società di gestione incamera le spese di sottoscrizione, il risparmiatore che è cliente del fondo in cima alla piramide si ritrova a pagare tra volte la stessa cosa.
Conflitti di Interesse
Purtroppo in Italia non esistono quasi per niente gruppi indipendenti che siano impegnati esclusivamente nel business del risparmio gestito; una realtà che invece all’estero è molto sviluppata.
Alcune società di gestione italiane hanno un azionariato molto diffuso e quindi non dovrebbero essere condizionate dagli interessi di nessuno dei soci. Ma di solito le società di gestione italiane sono promosse da gruppi finanziari, che hanno mille altre attività parallele: come merchant bank (banche d’affari), oppure possono essere impegnate nel collocamento sul mercato di titoli azionari e obbligazioni, titoli che possono interessare o no anche i fondi comuni.
Ci sono poi altre società di gestione che fanno parte di gruppi assicurativi bancari e industriali. A questo punto possono sorgere seri conflitti di interesse. Il gruppo Fiat, per esempio, è presente in Borsa con oltre 20 titoli quotati e inoltre controlla la società di gestione di fondi comuni Primagest. Ora, come si comportano i fondi comuni di quest’ultima verso i titoli del gruppo di appartenenza? In un caso in cui il titoli cala in borsa potrebbero comprare azioni per sostenere i titoli del gruppo, a discapito degli investitori dei fondi.
Garanzie assolute non ce ne sono. Ma la legge pone dei limiti agli inevitabili conflitti di interesse. Per quanto riguarda le operazioni di collocamento o distribuzione di valori mobiliari da parte del gruppo di appartenenza della società di gestione, i fondi di quest’ultima non possono sottoscrivere più del 40per cento dell’ammontare dell’impegno preso dalla casa madre.
Per quanto riguarda l’investimento diretto di un fondo nei titoli della società del gruppo di appartenenza, non deve superare il 15per cento del patrimonio del fondo. Il limite è elevato al 25per cento se le società del gruppo operano in almeno due diversi settori produttivi. Questi limiti si incrociano con un ultimo, riguardante i conflitti di interesse: ogni fondo non può comprare più del 2per cento di una società che fa parte del gruppo di controllo.
Controlli e sicurezze per il risparmiatore
Il fondo comune è l’unico prodotto finanziario, in Italia, che non ha mai fatto crac dal suo debutto sul mercato ad oggi. Mentre hanno fatto crac società fiduciarie, gruppi finanziari più o meno autorizzati alla raccolta e gestione del risparmio, perfino banche e diverse sim società di intermediazione mobiliari.
Un motivo c’è però cui un gestore di fondi non può scappare con la cassa e non può nemmeno manipolare il rendiconto di quello che c’è in cassa. Il fatto è che il patrimonio del fondo comune è rigidamente separato da quello della società di gestione: da una parte ci sono i quattrini che fanno funzionare la società e che provengono dai suoi azionisti e dai profitti che la società ottiene dalla gestione del fondo stesso; dall’altra parte ci sono i soldi dei risparmiatori che hanno sottoscritto le quote del fondo e che costituiscono appunto il suo patrimonio.
Il patrimonio del fondo è di proprietà esclusiva dei sottoscrittori e però difenderlo da qualsiasi minaccia, la legge impone che venga custodito non dalla società di gestione, ma da un istituto di credito appositamente designato, la banca depositaria.
-
La Banca Depositaria
La funzione della banca depositaria è molto delicata però la vita di un fondo. Due i suoi compiti principali: custodire il patrimonio del fondo e controllare che venga gestito nel rispetto della legge.
Nei suoi forzieri sono dunque materialmente depositati tutti i titoli e la liquidità del fondo; e comunque sono sotto la sua responsabilità le azioni che devono invece passare attraverso la Montetitoli. La banca depositaria deve così anche eseguire gli ordini di movimento dei valori del fondo impartiti dal gestore, per esempio la compravendita di titoli azionari in Borsa.
Il secondo compito della banca depositaria, quello di controllo, è il più importante. Si tratta infatti di controllare, quotidianamente, che le operazioni fatte dal gestore sul patrimonio del fondo siano corrette, conformi alla legge e in particolare ai limiti fissati per gli investimenti.
La banca depositaria può essere scelta liberamente dalla società di gestione. Può essere addirittura la stessa banca che controlla la società di gestione e che ne colloca i prodotti, ma che non ha alcun interesse a non svolgere il proprio ruolo di controllo, perché ne risponde direttamente alla Banca d’Italia, la massima autorità monetaria e di vigilanza sulla stabilità degli operatori finanziari.
-
La Banca d’Italia
La banca d’Italia controlla se il team di analisti e gestori della società sia adeguato alla massa patrimonio dei fondi amministrati. Un conto infatti è una piccola società de gestione, che amministra poche decine di milioni, per i quali può bastare anche un solo buon gestore. Tutt’altra cosa è una grande società, da cui dipendono migliaia di milioni di risparmi. In questo caso la società deve per forza dotarsi di una propria banca dati, un proprio ufficio studi, un proprio team di specialisti sui diversi mercati finanziari e fornire così ai clienti un servizio degno della fiducia che le hanno accordato.
Un altro modo con cui la Banca d’Italia controlla la buona salute delle società di gestione è l’analisi dei loro bilanci semestrale e annuali, che vanno redatti secondo un preciso schema, da cui emerge con chiarezza la struttura dei profitti e delle perdite caratteristiche di questo tipo di soggetti finanziari.
Dalla Banca d’Italia dipende poi l’approvazione del regolamento di ogni singolo fondo comune. Per lanciare un nuovo prodotto, infatti, la società di gestione deve prima ottenere l’assenso generico del ministero del Tesoro, poi deve sottoporre all’attenzione di Bankitalia il regolamento del nuovo fondo, che specifica il suo indirizzo di investimento, i suoi costi, le modalità di offerta al pubblico e così via. La terza fase dell’iter di autorizzazione coinvolge la Consob.
Alla Banca d’Italia, infine, la legge delega il compito di fissare i limiti agli investimenti di tutti i fondi; limiti che possono cambiare a seconda della politica delle autorità monetarie.
-
La Consob
La Consob è l’organismo pubblico che vigila sulla trasparenza del mercato mobiliare italiano, a partire dalla Borsa.
La sigla infatti sta per Commissione Nazionale per le Società e la Borsa. Nata 20 anni fa per occuparsi solo della Borsa e delle società che vi sono quotate, i suoi compiti si sono via via allargati fino a comprendere il controllo di come i diversi operatori finanziari offrono i loro prodotti al pubblico e come informano il pubblico sulle caratteristiche e i rischi di questi prodotti.
Nel caso dei Fondi Comuni, la Consob ha il compito di controllare la completezza e chiarezza dei relativi prospetti informativi. L’esame, però, è solo formale e deve verificare solo che le caratteristiche del fondo illustrate nel prospetto non volino le disposizioni di legge. È responsabilità di chi stende il prospetto invece, la corrispondenza di quanto dichiarato sulla carta con la realtà dei fatti.
Superando questo esame formale, il prospetto informativo di ogni nuovo fondo viene “depositato” negli archivi della Consob, che non si limita però a questa funzione, nei confronti del sistema-fondi. Si occupa infatti anche della correttezza con cui i promotori del fondo lo propongono al pubblico e lo vendono.
Come si rivaluta il patrimonio di un fondo
Una delle caratteristiche vantaggiose dei fondi comuni, dal punto di vista del risparmiatore, è la loro assoluta trasparenza. Il loro valore e i loro rendimenti infatti sono resi noti al pubblico tutti i giorni, al pari delle azioni e dei titoli obbligazionari quotati in borsa. Per sapere il valore della quota di un fondo basta comprare un quotidiano e andare alle pagine economiche per leggere il valore interessato, oppure fare una semplice ricerca su internet.
Il valore della quota
Il valore della quota viene calcolato dividendo il valore complessivo netto del patrimonio del fondo per il numero di quote in circolazione il giorno di Borsa aperta precedente quello del calcolo, come risulta dai dati forniti dalla banca depositaria.
Per poter eseguire il calcolo è comunque necessario conoscere tutte le quotazioni in Borsa dei titoli posseduti dal fondo e poiché le Borse possono essere quelle di tutto il mondo e dunque i dati arrivare a qualsiasi ora del giorno e della notte, è stato stabilito convenzionalmente che il calcolo si basi sui prezzi disponibili alle ore 24 del giorno precedente.
Il valore della quota pubblicato sui quotidiani, quindi, si riferisce in realtà ai prezzi dei titoli di due giorni prima. Detto in altri termini, i prezzi di Borsa di oggi servono a calcolare domani il valore del patrimonio del fondo e quindi della singola quota, che verrà pubblicato dopodomani sui quotidiani. Per avere un aggiornamento migliore si può ricorrere ad internet e controllare il valore della quota su siti come yahoo finanza.
Come usare in modo intelligente il valore della quota?
La cosa più interessante e utile da fare è confrontare il rendimento del proprio fondo con i risultati di investimenti analoghi: altri fondi comuni con caratteristiche simili oppure gli indici dei mercati di riferimento.
La performance è semplicemente la variazione percentuale del valore della quota del fondo in un certo arco di tempo.
Innanzitutto nelle classifiche dei fondi comuni abitualmente pubblicate dai giornali sono di solito indicati i rendimenti lordi. Non si tiene cioè conto dei costi sostenuti dal sottoscrittore per entrare nel fondo ed p comprensibile, visto che questi costi variano a seconda dell’importo versato. Questo però può falsare, anche in modo sensibile, la posizione nella graduatoria dei vari prodotti.
Per calcolare il risultato concreto dell’investimento il risparmiatore deve partire dalla cifra effettivamente versata nel fondo e dal numero di quote corrispondente. Poi, dopo un ragionevole lasso di tempo, deve moltiplicare il numero delle quote per il valore che hanno in quel momento, ottenendo così il valore globale del suo investimento, che a questo punto deve essere confrontato con l’investimento iniziale: la differenza, se positiva, darà il rendimento netto del fondo e potrà essere calcolata in percentuale.
Battere il Benchmark
Il Benchmark è un punto di riferimento per una misurazione, solitamente come benchmark viene preso in considerazione l’indice del mercato su cui investe il fondo.
Quindi un fondo azionario che investe su azioni italiane dovrà battere l’indice Mibtel o S&P Mib per essere considerato un buon risultato. Questo sembra un punto di riferimento molto basso, tenendo conto che l’indice è la media tra la prestazione di tutti i titoli del paniere, se il gestore sceglie i titoli più performanti sicuramente batterà il benchmark.
Spesso però questo benchmark non viene battuto, ciò significa che il gestore ha scelto i titoli con le prestazioni sotto la media, cosa piuttosto negativa in quanto non ha svolto il suo lavoro nel modo corretto. Per ovviare a questa situazione si sono diffusi i fondi “indice” che replicano cioè esattamente l’andamento di un indice.
A nostro personale giudizio questi fondi sono fondi inutili, in quanto un investitore, come precedentemente detto, sceglie di investire in fondi per affidare i propri risparmi ad una serie di professionisti che sanno selezionare i migliori strumenti. Per replicare l’andamento di un indice il lavoro del selezionatore è inesistente, non deve cioè scegliere i migliori titoli, ma deve comporre il portafoglio del fondo con tutti i titoli dell’indice con le quantità adatte. La società che gestisce il fondo percepisce quindi una commissione su un lavoro di selezione che in realtà non fa.