ETF (Exchange Traded Funds): indici azionari, metalli preziosi e terre rare
L’acronimo ETF sta per Exchange Traded Funds, espressione inglese che significa Fondi (d’investimento) Negoziati in Borsa. Esistono molte tipologie di ETF e ognuno di essi ha l’obiettivo di replicare, parzialmente o totalmente, un certo indice di mercato. Il mercato regolamentato telematico di Borsa Italiana dedicato alla negoziazione di questi strumenti finanziari è noto come ETFplus e tutti quelli quotati sono autorizzati dalla Banca d’Italia e della CONSOB (Commissione Nazionale per le Società e la Borsa).
La gestione di un ETF può essere attiva o passiva, nel primo caso si pone come obiettivo di fare meglio dell’indice, mentre nel secondo caso lo replica fedelmente. Diversamente da una gestione passiva, solitamente automatizzata con appositi software, una gestione attiva richiede una maggiore attività da parte del gestore del fondo e, conseguentemente, ha costi più alti.
Come accennato, esistono diverse tipologie di Exchange Traded Funds e può essere interessante saperne qualcosa di più su quelli più noti, come gli ETF indici azionari, gli ETF metalli preziosi e gli ETF terre rare, di cui negli ultimi mesi si è sentito parlare sempre più spesso.
I primi fondi negoziati in borsa a essere lanciati sul mercato nei primi anni Novanta del secolo scorso sono stati gli ETF indici azionari, dopodiché sono nate diverse altre tipologie di questi asset finanziari, tra cui i relativamente recenti ETN di criptovalute, basati sugli indici delle valute digitali distribuite sulla rete blockchain.
Gli ETF sugli indici azionari
Gli Exchange Traded Funds sugli indici azionari sono uno degli esempi più tipici di ETF. Essi cercano di replicare l’andamento di uno specifico indice azionario. Si possono per esempio citare gli ETF S&P 500, che replicano l’andamento dello Standard & Poor’s 500, uno degli indici azionari più importanti al mondo, che misura l’andamento di un paniere di titoli azionari di altrettante società quotate nella Borsa statunitense (NYSE e Nasdaq).
La sua importanza deriva dal contenere ben 500 titoli delle più importanti aziende statunitensi che hanno una capitalizzazione di mercato superiore a 6,1 miliardi di dollari.
S&P 500 è un paniere molto diversificato perché le aziende in esso presenti appartengono ai settori più disparati: energia, tecnologia, beni di consumo, industria, finanza, sanità e via discorrendo. Questa diversificazione gli permette di rappresentare piuttosto fedelmente l’andamento dell’economia USA, rendendolo in linea di massima più affidabile rispetto ad altri indici azionari, come il Dow Jones il quale, pur essendo considerato molto importante, contiene soltanto 30 titoli.
Altri esempi relativi agli indici azionari sono gli ETF sul Nasdaq 100, che replica i 100 titoli più grandi quotati sulla borsa valori del Nasdaq. Le aziende che vi fanno parte provengono perlopiù da settori dell’informatica (hardware e software), delle telecomunicazioni, delle biotecnologie e altri ancora.
Da ricordare anche gli ETF MSCI World, un indice che replica i titoli azionari di 23 Paesi, con più di 1.300 componenti.
Gli ETF sui metalli preziosi
I metalli preziosi sono percepiti dagli investitori come una sorta di riparo dalle oscillazioni di mercato che caratterizzano i tempi di crisi o di incertezza economica. Sono in sostanza percepiti come asset più stabili o decorrelati, in quanto in periodi in cui i mercati finanziari sono “turbolenti”, tendono a mantenere o accrescere il loro valore. Molti investitori acquistano questi asset come strumento per proteggersi da inflazione e recessione economica o situazioni di tensione e confusione.
Gli ETF sui metalli preziosi rientrano nella categoria degli ETF su materie prime e prendono il nome di ETC (Exchange Traded Commodity) poiché possono replicare anche un solo asset.
E consentono a un investitore di esporsi all’andamento dei prezzi di metalli preziosi, per esempio oro, argento, platino e palladio, senza doverli possedere fisicamente, semplificando quindi molto l’accesso a questo tipo di mercato. Per esempio, un investitore che decide di investire sull’oro fisico deve considerare anche i problemi di custodia (ci sono i rischi legati a furto o smarrimento), mentre nel caso degli ETC non si possiede direttamente il metallo, ma un asset legato a una specifica commodity ovvero materia prima.
Gli ETF sulle terre rare
Con la locuzione “terre rare” ci si riferisce a 17 elementi della tavola periodica. Tra questi si ricordano il lantanio, il cerio, il praseodimio, il neodimio, il samario, il gadolinio, lo scandio, l’ittrio ecc.
Il termine “rare” può essere fuorviante poiché questi elementi sono piuttosto abbondanti nella crosta terrestre; il loro problema maggiore non è tanto la disponibilità, bensì il fatto che i processi di estrazione sono costosi e inquinanti.
Attualmente il primo produttore mondiale è la Cina, seguita da Brasile e Stati Uniti d’America.
L’importanza delle terre rare è notevolissima poiché hanno numerosi impieghi: sono per esempio utilizzate nella produzione delle batterie per le auto elettriche e si trovano anche negli schermi di smartphone e televisori. Sono usate anche nella produzione di turbine eoliche, marmitte catalitiche e in moltissime altre circostanze.
Data la loro importanza, vi sono strumenti finanziari che le riguardano, come appunto gli ETF sulle terre rare; questi ultimi sono fondi che replicano l’andamento di un indice composto dalle aziende che operano in ambiti correlati a questi materiali: estrazione, lavorazione o produzione di tecnologie.
Ovviamente, come tutti gli strumenti di investimento, anche gli ETF terre rare comportano determinati rischi che, nel caso specifico, sono oltra alla domanda e offerta, l’alta volatilità e le dinamiche geopolitiche.
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