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    Calcolo risconto attivo e passivo: come si fa, esempi e regole

    06/10/2025 5 Mins Read

    Il calcolo del risconto è l’operazione contabile che consente di determinare la parte di un costo o ricavo anticipato che non appartiene all’esercizio in corso e deve quindi essere rinviata a quello successivo. Si usa la formula: Risconto = Importo totale × (quota futura ÷ periodo totale). In questo modo il bilancio rispetta il principio di competenza economica.

    Indice

    Toggle
    • Cos’è un risconto e perché serve in contabilità?
      • Risconti e normativa OIC 18
    • Come si calcola un risconto: formule e logica operativa
      • Esempi pratici e scritture contabili
    • Gli errori più diffusi nel calcolo del risconto
    •  Faq – Domande utili
      • Articoli correlati:

    Cos’è un risconto e perché serve in contabilità?

    Il risconto è uno strumento contabile che deriva direttamente dal principio di competenza economica: i ricavi e i costi devono essere attribuiti all’esercizio in cui maturano, non necessariamente a quello in cui si manifestano finanziariamente. Se pago un’assicurazione annuale il 1° ottobre, registro subito l’uscita di cassa. Ma dal punto di vista economico, tre mesi sono di competenza dell’anno in corso e nove appartengono all’anno successivo. Senza il risconto, imputerei tutto ai dodici mesi, alterando il risultato del bilancio.

    I risconti possono essere di due tipi. Risconti attivi, che riguardano costi sostenuti in anticipo e da ripartire su più esercizi; e risconti passivi, che riguardano ricavi incassati anticipatamente ma che competono anche al futuro. Quindi, nel primo caso rinvio un costo, nel secondo rinvio un ricavo.

    La normativa italiana prevede la disciplina dei risconti nel principio contabile OIC 18, che stabilisce criteri e condizioni per la rilevazione. In generale, il risconto deve sempre derivare da un’operazione che ha già avuto manifestazione finanziaria (pagamento o incasso) ma non è ancora maturata per intero. Questo distingue i risconti dai ratei, che riguardano quote maturate ma non ancora pagate o incassate.

    Capire la differenza è molto importante perché i risconti garantiscono che il bilancio rifletta la realtà gestionale e non solo i flussi di cassa. Senza di essi, un’azienda potrebbe sembrare meno redditizia in un esercizio e più redditizia in quello successivo, solo per effetto di pagamenti o incassi anticipati.

    Risconti e normativa OIC 18

    Troviamo utile fare un piccolo approfondimento sul principio contabile OIC 18 che disciplina i criteri per iscrivere ratei e risconti in bilancio. Questo stabilisce che devono essere rilevati solo quando derivano da un costo o ricavo già manifestatosi finanziariamente ma con competenza distribuita su più esercizi. Questo significa che non si possono inventare risconti “di comodo”, serve sempre un contratto o una spesa reale che giustifichi l’operazione. Inoltre, i risconti devono essere proporzionati e verificabili. L’OIC 18 chiarisce anche che la durata non deve superare la vita utile del contratto e che vanno rispettati i principi di prudenza e competenza. Conoscerlo è essenziale per operare in regola e per presentare bilanci trasparenti e corretti.

    Come si calcola un risconto: formule e logica operativa

    Il calcolo del risconto non è complesso, ma richiede precisione, devi partire dall’importo totale pagato o incassato e rapportarlo alla frazione di tempo che appartiene all’esercizio successivo. La formula più usata è:

    Risconto = Importo totale × (tempo futuro ÷ tempo totale)

    Se il contratto copre un anno intero, spesso si ragiona in mesi. Ma se il periodo non coincide con multipli di mese, conviene usare i giorni. Alcuni uffici contabili adottano la convenzione di 360 giorni, altri quella di 365: l’importante è mantenere coerenza.

    Esempio semplice: un premio assicurativo di 1.200 € pagato il 1° ottobre copre 12 mesi. Al 31/12 mancano 9 mesi di competenza futura. Calcolo: 1.200 × 9/12 = 900 €. Questi 900 € sono il risconto attivo da rinviare all’anno dopo.

    Il procedimento è identico anche per i risconti passivi. Se incasso un affitto anticipato per dodici mesi, al 31/12 parte di quel ricavo non appartiene ancora all’esercizio. Devo calcolare la quota futura e registrarla come risconto passivo.

    L’errore più frequente è registrare tutto l’importo nell’esercizio in cui avviene il pagamento o l’incasso. Questo porta a costi e ricavi non corretti, alterando l’utile o la perdita.

    Esempi pratici e scritture contabili

    Facciamo tre esempi per chiarire.

    1. Premio assicurativo: il 1° ottobre paghi 1.200 € per un’assicurazione annuale. A fine anno restano 9 mesi non maturati. Calcolo: 1.200 × 9/12 = 900 €. Scrittura al 31/12: Risconti attivi a Costi assicurativi per 900 €.
    2. Affitto anticipato: il 1° settembre paghi 24.000 € per sei mesi di locazione (settembre–febbraio). Alla chiusura di dicembre restano due mesi. Calcolo: 24.000 × 2/6 = 8.000 €. Scrittura: Risconti attivi a Costi di locazione per 8.000 €.
    3. Ricavo anticipato: il 1° settembre incassi 12.000 € per un contratto di servizi annuale. Al 31/12 restano 8 mesi. Calcolo: 12.000 × 8/12 = 8.000 €. Scrittura: Ricavi a Risconti passivi per 8.000 €.

    Come vedi, la logica è identica e cioè, calcolo della quota futura e registrazione della rettifica. Ciò che cambia è il segno (attivo o passivo) e la voce di bilancio interessata. Questi esempi sono i più comuni, ma il metodo si applica anche a spese pluriennali (abbonamenti software, canoni di manutenzione, licenze) e a ricavi di contratti anticipati.

    Le scritture contabili servono a rettificare i conti, ma al nuovo esercizio il risconto deve essere riassorbito. In altre parole, il valore sospeso rientra tra costi o ricavi di competenza, garantendo così continuità contabile.

    Gli errori più diffusi nel calcolo del risconto

    Uno dei più frequenti è confondere risconti e ratei: i primi si riferiscono a costi o ricavi già registrati, i secondi a quote maturate ma non ancora manifestate. Un altro errore è non calcolare con precisione la frazione di tempo: usare i mesi quando il contratto copre periodi irregolari può portare a discrepanze, soprattutto se ci sono contratti che iniziano o finiscono a metà mese.

    C’è poi il rischio di dimenticare di aggiornare i risconti pluriennali. Se un contratto dura tre anni, ogni anno bisogna verificare la quota residua e registrare il risconto corrispondente. Non farlo significa sovrastimare o sottostimare costi e ricavi.

    Vuoi un consiglio pratico per evitare errori? Documenta sempre il calcolo. Indica chiaramente l’importo totale, la durata contrattuale, i mesi o giorni di competenza residua e il risultato della formula. Questo ti tutela anche in caso di controlli e, se usi software contabili, verifica che gestisca correttamente risconti e che generi automaticamente le scritture di riapertura nell’anno successivo.

    Infine, coinvolgi sempre un professionista per i casi dubbi, soprattutto quando si tratta di cifre rilevanti. I risconti sono apparentemente semplici, ma possono incidere in modo importante sul risultato di bilancio e sulla rappresentazione fiscale dell’azienda.

     Faq – Domande utili

    – Che cos’è un risconto?

    Una quota di costo o ricavo già registrato ma non di competenza dell’esercizio corrente.
    – Come si calcola?

    Importo totale × (tempo futuro ÷ tempo totale).
    – Qual è la differenza tra attivo e passivo?

    Attivo = costi anticipati, passivo = ricavi anticipati.
    – Quando si registrano?

    Alla chiusura dell’esercizio, nelle scritture di assestamento.
    – Perché sono importanti?

    Per rispettare il principio di competenza e avere bilanci realistici.

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