I diamanti sono belli, anzi bellissimi e se sapessimo tutto il duro lavoro che sta dietro l’estrazione dei diamanti probabilmente ci sembrerebbero ancora più belli.
Un po’ di storia dell’estrazione dei diamanti
In principio, durante primi tempi dell’estrazione diamantifera, si conoscevano solo i giacimenti secondari. Questi depositi essendo alluvionali facevano sì che per l’estrazione dei diamanti la “batea” (o bacile), strumento per separare i diamanti dalle altre pietre, fosse più che sufficiente.
Col passare del tempo si passò dagli scavi fluviali dei depositi secondari agli scavi a secco dei depositi primari e dunque si pose il problema di dover trovare nuovi metodi estrattivi. All’inizio il terreno veniva veniva “lavorato” con pale e picconi per poi essere setacciato a mano. Essendo le concessioni minerarie relativamente piccole (circa 9 metri quadrati) ed ogni cercatore poteva possederne non più di 2 o 3 si iniziò a scavare verso il basso, è così che nacquero le associazioni di minatori.
Metodi di estrazione dei diamanti
Al giorno d’oggi la maggior parte delle miniere viene lavorata con metodo di estrazione sotterranea. Normalmente l’estrazione di superficie prosegue fino ad una profondità di 100 metri per poi passare all’estrazione sotterranea, questo viene fatto per ridurre il rischio di frane.
Nelle miniere sotterranee il pozzo principale è posizionato di fianco al camino diamantifero e ha una profondità massima di 1500 metri. Arrivati alla fine del pozzo partono le gallerie che entrano direttamente nel camino diamantifero.
Per l’estrazione dei diamanti tramite gallerie esistono 3 metodi:
Estrazione per vuoti o per camere: questo metodo è il più vecchio e oggi è stato ormai sostituito da metodi più innovativi. Tuttavia questo metodo all’epoca fu molto importante perchè permise di dimostrare per la prima volta che era possibile trasportare la kimberlite contenente i diamanti facendo collassare i detriti superficiali nelle camere sottostanti grazie alla forza di gravità.
Estrazione per frammenti a blocchi: nata negli anni ’50 grazie alle informazioni ricavate dall’estrazione per vuoti. Questo metodo di estrazione dei diamanti consiste nella creazione di gallerie con alcune aperture all’interno della kimberlite in modo tale che questa , a causa del suo peso, possa cadere e frantumarsi all’interno delle gallerie. La kimberlite frantumata viene poi trasportata direttamente nei camion. L’aspetto più rischioso consiste nel calcolare esattamente l’ampiezza esatta delle aperture e, nonostante l’esperienza acquisita negli anni, ancora oggi fare questi calcoli crea non pochi problemi.
Estrazione “glory hole”: metodo più efficace per l’estrazione dei diamanti, l’estrazione “glory hole” racchiude in sé tutti i vantaggi dell’estrazione a cielo aperto, dei due metodi di estrazione precedentemente descritti, permettendo di effettuare complesse operazioni con un minimo intervento manuale. Questo metodo si divide in più fasi: la prima consiste nella creazione di terrazze a cielo aperto con un’inclinazione a cielo aperto e in seconda battuta vengono create delle gallerie, che attraversano la kimberlite, su ogni terrazza. Tramite la dinamite vengono fatte saltare queste gallerie di modo che la kimberlite (grazie all’inclinazione delle terrazze) possa finire sul fondo della miniera sul quale sono posizionati degli imbuti che raccolgono il materiale e lo fanno arrivare direttamente sui camion. L’estrazione dei diamanti con il metodo “glory hole” ha 3 vantaggi principali:
- Le operazioni per passare dalla miniera a cielo aperto a quella sotterranea sono meno impegnative rispetto agli altri due metodi
- Grazie a questo metodo è possibile estrarre tutta la kimberlite fino al limite del camino diamantifero.
- La disgregazione avviene “naturalmente” grazie alla forza di gravità.
Oltre alle estrazioni precedentemente descritte i diamanti vengono estratti anche dai fondi oceanici. Le estrazioni oceaniche, possibili fino a 200 metri, possono avvenire tramite due modalità, o tramite un mezzo sottomarino cingolato e automatizzato collegato direttamente alla nave o tramite una trivella che parte dalla nave di supporto e affondando nel terreno aspira il materiale dal fondo marino